centro di Epatogastroenterologia e Nutrizione s.a.s. di G. Di Bella

FEGATO

Il fegato è una ghiandola extramurale (a secrezione endocrina ed esocrina) localizzata al di sotto del diaframma e tra questo e il colon trasverso e lo stomaco. È la ghiandola più voluminosa del corpo umano. Gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo e svolge una serie di processi tra cui l'immagazzinamento del glicogeno, la sintesi delle proteine del plasma, la rimozione di sostanze tossiche dal sangue.

DEFINIZIONE -- E’ un’ infiammazione acuta o cronica del fegato determinata da agenti infettivi virali.

CAUSE -- Sono noti 5 tipi di epatite determinati dai cosiddetti virus epatitici maggiori: epatite A, epatite B, epatite C, epatite D (Delta), epatite E. In circa il 10-20% dei casi tuttavia l’agente responsabile dell’epatite resta ignoto. Esistono poi altri virus , che accanto alla malattia di base possono a volte causare un quadro di epatite di varia gravità. Questi vengono definiti virus epatitici minori e principalmente sono: citomegalovirus, virus di Epsteun-Barr, virus Coxsackie ed herpesvirus.

EPATITE A -- E’ provocata da un RNA virus, HAV ed ha un periodo di incubazione che va da 15 a 50 giorni. L’epatite A ha generalmente un decorso autolimitante e benigno sono pure frequenti le forme asintomatiche, soprattutto nel corso di epidemie e nei bambini. Tuttavia a volte si possono avere forme più gravi con decorso protratto ed anche forme fulminanti rapidamente fatali. In genere la malattia che dura 1-2 settimane si i manifesta con febbre, malessere, nausea, dolori addominali ed ittero, accompagnati da elevazioni delle transaminasi e della bilirubina. I pazienti guariscono completamente senza mai cronicizzare. Non esiste lo stato di portatore cronico del virus A, né nel sangue, né nelle feci. La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni. Dal punto di vista preventivo, in Italia sono disponibili due diversi vaccini che forniscono una protezione dall’infezione già dopo 14-21 giorni. La vaccinazione è raccomandata, nei soggetti a rischio, fra cui coloro che sono affetti da malattie epatiche croniche, gli omosessuali, coloro che viaggiano in paesi dove l’epatite A è endemica, per coloro che lavorano in ambienti a contatto con il virus, i tossicodipendenti, ed i contatti familiari di soggetti con epatite acute A. Molto importanti sono pure le norme igieniche generali per la prevenzione dell’infezioni oro-fecali (igiene personale, lavaggio e cottura delle verdure, molluschi ecc.) ed il controllo della coltivazione e della commercializzazione dei frutti di mare.

EPATITE B -- Il virus dell’epatite B (HBV) è un virus a DNA. Se ne conoscono attualmente 6 genotipi (A-F) aventi una diversa distribuzione geografica. L’epatite acuta B è nella maggior parte dei casi asintomatica. Nell’adulto la malattia può cronicizzare in circa il 5-10 % dei casi. Il rischio di cronicizzazione aumenta al diminuire dell’età in cui viene acquisita l’infezione, tanto che nei neonati contagiati poco dopo la nascita si verifica circa 9 volte su 10. Nel 20 per cento dei casi l’epatite cronica può progredire in cirrosi epatica nell’arco di circa 5 anni. Il cancro al fegato (epatocarcinoma) è un’altra complicanza frequente dell’epatite cronica, soprattutto nei pazienti con cirrosi. L’infezione da HBV nei paesi ad elevata endemia è responsabile fino al 90% dei carcinomi del fegato. La sorgente d’infezione è rappresentata da soggetti affetti da malattia acuta o da portatori d’infezione cronica, che hanno il virus nel sangue ma anche in diversi liquidi biologici: saliva, bile, secreto nasale , latte materno, sperma , muco vaginale ecc.. La trasmissione, attraverso il sangue avviene pertanto per via parenterale, apparente o non apparente, per via sessuale e per via verticale da madre a figlio. Il periodo di incubazione varia fra 45 e 180 giorni, ma si attesta solitamente fra 60 e 90 giorni. Dal punto di vista della prevenzione, esiste un vaccino che si è dimostrato sicuro e fornisce immunità di lunga durata. In Italia dal 1991, la vaccinazione è obbligatoria per tutti i neonati e per gli adolescenti di 12 anni.

EPATITE C -- L’agente infettivo, il virus HCV (RNAvirus). L’infezione acuta da HCV è assai spesso asintomatica ed anitterica (in oltre i 2/3 dei casi ). I sintomi, quando presenti sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea , vomito, febbre, dolori addominali ed ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%). L’infezione acuta diventa cronica in una elevatissima percentuale dei casi, stimata fino all’85%. Il 20-30 % dei pazienti con epatite cronica C sviluppa nell’arco di 10-20 anni una cirrosi e l’epatocarcinoma può evolvere da una persistente cirrosi da HCV in circa l’1-4% dei pazienti per anno. La distribuzione del virus è universale. Il periodo di incubazione va da 2 settimane a 6 mesi, ma per lo più varia nell’ambito di 6-9 settimane. La trasmissione avviene principalmente per via parenterale apparente ed non apparente. Sono stati documentati anche casi di contagio per via sessuale, ma questa via sembra essere molto meno efficiente che per l’HBV .L’infezione si può trasmettere per via verticale da madre a figlio in meno del 5% dei casi.

EPATITE DELTA (D) -- L’agente infettivo dell’epatite Delta è noto come HDV: è classificato tra i virus cosiddetti satelliti che necessitano della presenza di un altro virus per potersi replicare. Il virus dell’epatite D per infettare le cellule epatiche richiede in particolare l’ausilio del virus dell’epatite B, quindi l’infezione si manifesta in soggetti colpiti anche da HBV. L’infezione può verificarsi secondo due modalità: 1) infezione simultanea da virus B e D. In questo caso si verifica un epatite clinicamente simile all’epatite B. 2) sovrainfezione di virus D in un portatore cronico di HBV. Si verifica allora una nuova epatite acuta a volte fatale. In entrambi i casi l’infezione può diventare cronica e in questo caso ha generalmente un decorso più severo rispetto a quella da virus B. Per quanto riguarda le misure preventive, vale la profilassi per l’EBV/HBV: il vaccino contro l’epatite B sarà in grado di proteggere anche contro l’epatite D.

EPATITE E -- L’agente infettivo dell’epatite E, il virus HEV (RNA virus). L’epatite E è una malattia acuta assai spesso itterica ed autolimitante, molto simile all’epatite A. Caratteristica principale di questa infezione è l’alta frequenza di forme cliniche fulminanti (1-12% ) ed una particolare severità del decorso nelle donne gravide, specialmente nel terzo trimestre di gravidanza, con mortalità che arriva fino al 40%. La malattia non cronicizza mai. Come per l’epatite A, la trasmissione avviene per via oro-fecale. E’ presente in tutto il mondo: epidemie e casi sporadici sono stati registrati principalmente in aree geografiche con livelli di igiene e sanità inadeguati. Nei paesi industrializzati invece, la maggior parte dei casi riguardano persone di ritorno da viaggi in paesi a rischio.

DIAGNOSI -- Il test di screening per individuare gli individui ammalati è la ricerca degli anticorpi (generalmente con metodica immunoenzimatica, EIA) contro i vari tipi di virus. Quando sono presenti significa che il paziente è stato infettato da quel determinato tipo di virus dell'Epatite, ma non si è in grado di stabilire quando è avvenuto il contagio, né se l'infezione è ancora in atto. Infatti il test rimane positivo per tutta la vita anche nelle persone guarite, sia spontaneamente che con le cure. Per questo motivo sono necessarie esami più specifici: la PCR (reazione a catena della polimerasi) conferma o meno la presenza del virus nel sangue e quindi la presenza o meno della malattia cronica.

DEFINIZIONE -- L'epatite acuta da farmaci è un'epatite di tipo citolitico, colestatico o misto caratterizzata rispettivamente da aumento di ALT, di fosfatasi alcalina o di entrambe superiore a 2 volte la norma. Il rapporto fra i 2 enzimi può essere compreso fra 2 e 5. Le forme subacute sono caratterizzate da una necrosi epatocitaria prolungata nei casi in cui l'iniziale danno epatico sia misconosciuto e il farmaco continui ad essere assunto o quando il danno si mantenga anche in assenza dell'assunzione del farmaco immagazzinato a livello dei tessuti.

CAUSE -- Più che al farmaco in sé, la tossicità è legata alla sua trasformazione da parte degli enzimi epatici in metaboliti tossici. I meccanismi di danno epatico sono di tipo tossico e di tipo immmunoallergico (il danno immunoallergico è dovuto ad una reazione contro neoantigeni che risultano dal legame fra metaboliti del farmaco e componenti cellulari. Tali fenomeni autoimmuni portano alla formazione di autoanticorpi aspecifici).

DIAGNOSI -- La diagnosi di epatite da farmaci è una diagnosi di esclusione. L'anamnesi per l'assunzione di farmaci deve essere molto dettagliata: dosaggio, via di somministrazione, durata della terapia, farmaci assunti in concomitanza vanno accuratamente indagati. Va richiesto se il paziente fa uso di medicinali autoprescritti tipo vitamine o erbe, o se fa uso di droghe. Va inoltre considerata la possibilità di insulto tossico superimposto ad un preesistente danno epatico. Vanno ricercati segni clinici (eruzioni cutanee, febbre, artralgie) e di laboratorio (ipereosinofilia, trombocitopenia immunoallergica) che orientino verso un fenomeno di ipersensibilità. Il miglioramento dopo la sospensione del farmaco è l'elemento più utile per la diagnosi. Il test di provocazione con la riassunzione del farmaco è troppo pericoloso per poter essere attuato intenzionalmente.

CENNI -- Le epatiti da farmaci rappresentano il 10% dei casi di epatite acuta nell'adulto; nella fascia di età al di sopra di 50 anni la loro frequenza supera il 40%. Si ritiene che circa 600 tipi di farmaci possano essere responsabili di lesioni epatiche.

TERAPIA -- la prima terapia è la prevenzione. Vanno indagati fattori di rischio come la presenza di concomitanti malattie epatiche, l'abuso di alcool, la presenza di insufficienza renale. La prima misura da adottare è identificare precocemente il farmaco in causa, allo scopo di prevenire l' evoluzione in forme più severe o croniche e di evitare il ripetersi di nuovi episodi, inclusi casi di epatite fulminante. Nelle forme da intossicazione acuta da sostanze che provocano un danno dose dipendente, la lavanda gastrica aiuta a rimuovere una parte del farmaco ancora presente nello stomaco. Per un limitato numero di sostanze sono presenti antidoti: N-acetilcisteina per paracetamolo; desferoxamina per ferro. Naturalmente la prima misura da adottare è la sospensione del farmaco. Talvolta ciò richiede mesi. Se vi sono sintomi sistemici severi e se le manifestazioni durano più di 4 settimane senza tendenza alla risoluzione, è indicato l'uso dei cortisonici.

DEFINIZIONE -- Per epatite alcolica s’ intende un’ insieme di sintomi clinici ma soprattutto di lesioni istologiche caratteristiche ma non specifiche d’ intossicazione alcolica.

CENNI -- Con l'astinenza, il danno epatico non fibrotico può regredire e, comunque, migliora la sopravvivenza dei pazienti con epatite alcolica, fibrosi e cirrosi. In teoria il trattamento dell'epatopatia alcolica è semplice e immediato. In pratica è, invece, difficile perché i pazienti devono sospendere l'assunzione di alcolici. Dopo i ripetuti attacchi della malattia, le disastrose conseguenze sociali (p. es., la perdita del lavoro, la minaccia di divorzio) e l'analisi dei fatti da parte di un medico col quale si sia stabilito un rapporto di fiducia, molti pazienti smettono di bere. La sospensione acuta dell'assunzione di alcol richiede un trattamento di supporto, il controllo del bilancio idro-elettrolitico e l'uso di sedativi (p. es., le benzodiazepine), attentamente dosate in base alla gravità dei sintomi da astinenza. La sedazione eccessiva nei pazienti con epatopatia grave può precipitare un'encefalopatia epatica.

CAUSE -- I fattori principali sono la quantità dell'alcol assunto, lo stato nutrizionale del paziente e i tratti genetici e metabolici. Di solito esiste una correlazione lineare tra la gravità dell'alcolismo, in funzione della durata dell'abuso e della quantità assunta, e lo sviluppo di un'epatopatia, anche se non tutti quelli che ne abusano sviluppano un danno epatico significativo. L'equivalente di 10 g di alcol è rappresentato da 30 ml di whisky a 40°, 100 ml di vino al 12% o 250 ml di birra al 5%. Anche solo 20 g di alcol (circa 200 ml di vino o 60 ml di whisky) nella donna o 60 g (circa 1200 ml di birra al 5%) nell'uomo, se consumati giornalmente per diversi anni, possono produrre un danno epatico. Per esempio, l'assunzione di 150-200 g di alcool per 10-12 gg causa una steatosi epatica anche in un uomo per il resto in salute. Per sviluppare un'epatite alcolica, i pazienti devono consumare 80 g di alcol al giorno per almeno un decennio, mentre la soglia media per sviluppare una cirrosi è di 160 g al giorno per 8-10 anni. La durata dell'assunzione è importante.
L'alcol è causa di malnutrizione, in quanto fornisce calorie prive di costituenti alimentari essenziali, riduce l'appetito e determina un malassorbimento attraverso un'azione tossica sul tratto GI e sul pancreas. La sola malnutrizione non causa la cirrosi, ma uno o più fattori nutrizionali possono accelerare l'effetto dannoso dell'alcol.

DIAGNOSI -- SINTOMI : I pazienti affetti da steatosi epatica sono in genere asintomatici. L'epatite alcolica può essere sospettata su base clinica, ma la diagnosi dipende dall'esame di una biopsia. I pazienti con epatopatia alcolica possono presentare astenia, febbre, ittero, dolore al quadrante addominale superiore destro, un soffio epatico, un'epatomegalia dolente e una leucocitosi. Anche la cirrosi può essere relativamente asintomatica, può assumere le caratteristiche di un'epatite alcolica o può essere dominata dalle complicanze: l'ipertensione portale con la splenomegalia, l'ascite, la sindrome epato-renale, l'encefalopatia epatica o anche il carcinoma epatocellulare.

ESAMI DI LABORATORIO : Nell'epatopatia alcolica possono esistere varie anomalie morfologiche dei globuli rossi (GR), quali le cellule a bersaglio, i macrociti e le cellule a elmetto. Il volume corpuscolare medio (MCV) solitamente è. La trombocitopenia è frequente, sia per gli effetti tossici diretti dell'alcol sul midollo osseo, sia per l'effetto secondario dell'ipersplenismo. Nell'epatite alcolica, le transaminasi sono moderatamente aumentate (circa 250 U/l). L'attività della ALT sierica è ridotta (a causa della deplezione di piridossal 5'fosfato) rispetto a quella della AST (AST:ALT > 2). L'attività della GGT sierica può essere utile per accertare il consumo di alcol. La diagnosi di certezza, particolarmente nell'epatite alcolica, si basa comunque solo sulla biopsia epatica .

DEFINIZIONE -- Con il termine steatosi s’ intende un aumento del contenuto di grasso all'interno delle cellule del tessuto epatico, avvenuto in seguito a un processo infiltrativo o degenerativo. Questa condizione viene anche definita più semplicemente fegato grasso.

GENERALITA' -- Il grasso epatico rappresenta il 5% del peso dell'organo; si parla di steatosi quando questa percentuale è superata a causa di un accumulo di grasso all'interno delle cellule epatiche. Inoltre, la steatosi epatica, in una percentuale variabile dal 8 al 20%, può evolvere verso processi infiammatori e/o necrotici (“steatoepatite non alcolica” o NASH da “nonalcoholic steatohepatitis”) con eventuale fibrosi progressiva (nel 10-50% dei casi) del fegato. Le due situazioni vanno pertanto distinte, in quanto la steatosi “non infiammatoria” è reversibile con la correzione dei fattori che l’hanno indotta; la steatoepatite per definizione, è complicata da uno stato infiammatorio e fibrotico, simile, come quadro clinico ed anatomo-patologico, a quello dell'epatopatia alcolica e può progredire verso la cirrosi (in circa il 10% dei pazienti in dieci anni).

TERAPIA -- per quanto abbiamo detto, non esiste una terapia specifica per curare la steatosi del fegato. In particolare, le misure da adottare sono l'eliminazione dell'alcol, una corretta alimentazione (mista, non incentrata su grassi e carboidrati, ricca di frutta e verdura) che porti ad una riduzione del peso corporeo, integrata con l'attività fisica o sportiva, dove possibile. Nel caso di steatosi secondaria a diabete o ad altre patologie, la terapia sarà quella del diabete stesso o delle patologie primitive. Uno studio recente dimostra come nei pazienti obesi, la perdita di peso di appena 8 kg sia sufficiente a pulire il fegato dai grassi, migliorare la sensibilità all’insulina e normalizzare il glucosio a digiuno. La perdita di peso, basata su una dieta di 25 kcal/kg di peso corporeo ideale/giorno per 6 mesi, dà una significativa riduzione della steatosi epatica (dal 60% al 30%) e della fibrosi in pazienti con NAFLD primaria.

CONSIGLI PRATICI -- evitare gli alcolici e i grassi animali (burro e grasso della carne); ridurre l’apporto calorico nella dieta, fino a eliminare l’eventuale sovrappeso; prevenire qualsiasi rischio di virus-epatite : vaccinazione contro l’epatite B ed evitare contagio da conviventi malati o portatori-sani dell’epatite-C; attenzione ai farmaci ; fare esercizio fisico ogni giorno (esempio 3-7 km a passo veloce); curare le malattie metaboliche associate, specie il diabete e l’aumento dei trigliceridi.

CAUSE -- La formazione di steatosi è legata al ruolo che il fegato ha nel metabolismo dei grassi ed in particolare dei trigliceridi. La steatosi si verifica quando la cellula epatica accumula trigliceridi in conseguenza di una aumentata captazione di acidi grassi come accade in corso di diabete o in presenza di obesità, oppure in conseguenza di un aumento della sintesi endogena di acidi grassi come si verifica in corso di insulino-resistenza. Un terzo meccanismo alla base dello sviluppo di steatosi è rappresentato da una ridotta eliminazione dei lipidi da parte del fegato come accade in corso di malnutrizione, by-pass digiuno-ileale e diabete. Nei non bevitori la steatosi epatica è più frequentemente causata da: sovrappeso ed obesità, alto tasso di colesterolo e, soprattutto, di trigliceridi, nel sangue, diabete ed altre malattie metaboliche, malattie virali (in particolare l’epatite C) e numerosi farmaci (es. estrogeni, corticosteroidi). Molti casi di steatosi che osserviamo nella pratica clinica quotidiana riconoscono, comunque, come causa o co-fattore una alimentazione sbagliata.

DIAGNOSI -- La steatosi epatica non presenta sintomi o, comunque, non è associata a disturbi specifici, se non a volte un vago senso di dolore, “fastidio” o pesantezza al di sotto dell’arcata costale destra o all’ emi addome alto di destra; pertanto, molto frequentemente, il riscontro è casuale, in seguito ad esami del sangue eseguiti di routine o per altri motivi. La steatosi epatica si caratterizza, infatti, per un modesto rialzo delle transaminasi (ALT e AST), espressione biochimica del danno epatico, spesso associato ad un aumento concomitante delle gammaGT. Il fegato può mostrarsi ingrandito alla palpazione; l'ecografia mostra un fegato “brillante”, facilitando così una rapida diagnosi. Nel caso di steatosi epatica , tali dati, associati ai fattori predisponenti sopra descritti, sono già sufficienti per la diagnosi e per il conseguente approccio terapeutico (per esempio, in caso di steatosi secondaria a sovrappeso od obesità, il calo ponderale graduale favorirà la risoluzione della steatosi e la normalizzazione dei livelli di transaminasi). Nel sospetto che ci sia anche un’infiammazione e/o fibrosi (“steatoepatite non alcolica”), in assenza di altre cause di malattia epatica che la possano giustificare (es. un’epatite cronica da virus C oppure un abuso alcolico, magari sottovalutato), per i motivi sopra citati di rischio di progressione, si renderà necessaria la biopsia epatica. Questa servirà sia per la conferma diagnostica che per la valutazione prognostica (grado di infiammazione e di fibrosi) della malattia epatica.

DEFINIZIONE -- E’ una malattia caratterizzata da una alterazione della struttura normale del fegato per la presenza di: necrosi degli epatociti, fibrosi connettivale che coinvolge tutta la struttura del fegato rigenerazione tipo nodulare. La conseguenza di queste alterazioni apporta una modificazione della tipica architettura del fegato con l’insorgenza di un ostacolo alla circolazione del sangue, infatti molti spazi in cui originariamente circolava il sangue, vengono occupati da tessuto connettivo, tutto ciò provoca nel tempo un’insufficienza epatica.

CAUSE -- La causa più frequente di ipertensione portale e quindi di comparsa di varici esofagee e/o gastriche (si formano nel fondo dello stomaco, vicino all'esofago) è la cirrosi epatica. Circa il 70% dei pazienti con cirrosi epatica presentano varici. Di questi pazienti con varici, il 30% sanguinerà entro due anni ed il 50% nel corso della vita. Il sanguinamento si interrompe spontaneamente nel 50% dei casi.

CAUSE -- Le cause principali di cirrosi epatica sono:
1. Alcool etilico (l’assunzione abbondante e continuativa di alcol)
2. Epatite virali acute e croniche: forme molto gravi di epatite virale possono dare direttamente cirrosi.
3. Cirrosi da stasi biliare: è una malattia cronica progressiva che si manifesta come difficoltà al deflusso della bile a livello delle fini vie biliari intraepatiche. Attualmente è stato dimostrato che si tratta di una malattia di tipo autoimmune ossia l’organismo produce anticorpi che attaccano i propri dotti biliari danneggiandoli; molto probabilmente il meccanismo è scatenato da un’epatite insorta tempo prima ma non riconosciuta a causa della scarsissima sintomatologia clinica. Nella casistica le donne sembrano essere colpite 10 volte di più rispetto agli uomini e la fascia d’età è quella compresa fra i 35 e i 60 anni.
4. Cause circolatorie: la causa più comune di questa varietà è lo scompenso cardiaco congestizio, in questo caso si verifica una stasi venosa a livello di tutta la grande circolazione con conseguente interessamento anche delle vene sovraepatiche ciò provoca ristagno di sangue nel fegato con danno inevitabile agli epatociti. Tale ristagno si verifica anche nella sindrome di Budd-Chiari dove si verifica una trombosi delle vene sovraepatiche più spesso causata da tumori che comprimono tali vene.
5. Cause metaboliche: alcune di queste colpiscono i neonati e i bambini piccoli come nel caso della Galattosemia in cui si riscontra un deficit congenito di un enzima che deve convertire il galattosio in glucosio; le varie forme di Glicogenosi in cui si nota carenza degli enzimi deputati alla trasformazione del glicogeno assunto con i cibi.

Terapia delle varici esofagee e gastriche : La terapia delle varici esofagee e gastriche è medica, endoscopica, radiologica interventistica o chirurgica. La terapia medica consiste nell’ utilizzo di farmaci beta-bloccanti ed è riservata solo ai casi iniziali. Tra le procedure endoscopiche terapeutiche, riveste un posto importante quella delle iniezioni di sostanze sclerosanti (sclerosi endoscopica) o legatura (legatura endoscopica con lacci elastici) delle varici esofagee. Le varici gastriche (in genere situate nel fondo dello stomaco) sono difficili da aggredire e possono essere trattate con un collante (cianoacrilato) per evitare il sanguininamento. Il trattamento radiologico interventistico consiste nel posizionamento della così detta TIPSS (Trans Iugular Porto Sistemic Shunt), uno stent che viene introdotto, attraverso la vena giugulare,

GENERALITA' -- SINTOMATOLOGIA: la malattia ha un esordio lento e progressivo: astenia, inappetenza, pesantezza epigastrica dopo i pasti e una sensazione di tensione addominale. Un altro sintomo che può apparire precocemente è la comparsa di edemi alle caviglie soprattutto nelle ore serali. Nelle forme più gravi o negli stadi più avanzati , è presente dolore sordo, profondo al fianco destro e nella parte centrale dell’addome accompagnato da un colorito cutaneo itterico non molto intenso, da porpora cutanea cioè da formazioni emorragiche puntiformi diffuse in tutto il corpo per difetto dei fattori di coagulazione ,da un’ edema palmare e dalle dita dalla caratteristica forma a bacchetta di tamburo. Abbastanza frequentemente si possono osservare alterazioni a livello degli annessi cutanei per alterazione endocrina: gli uomini perdono i peli sul torace, sull’addome, al pube e alle ascelle, manifestando anche un aumento della ghiandola mammaria, le donne invece hanno una sospensione del mestruo ed una riduzione della ghiandola mammaria.

DIAGNOSI -- La diagnosi di cirrosi dipende da una combinazione di storia clinica, esame fisico del paziente, test di laboratorio, ecografia epatica e spesso da altri esami radiologici o endoscopici ed eventualmente dalla laparoscopia e soprattutto dalla biopsia epatica.
Esami del sangue alterati:
- Anemia in parte dovuta all’ingrossamento della milza che distrugge più globuli rossi
- Aumento soprattutto delle gammaGT e in parte delle altre transaminasi
- Aumento della bilirubina nel sangue
- Diminuzione dell’albumina nel sangue perché questa proteina viene prodotta dal fegato
- Aumento delle gammaGlobuline (anticorpi)

DEFINIZIONE -- L’ipertensione portale è caratterizzata da un’ aumento di pressione nell’ asse venoso spleno-portale.

CAUSE -- L’ipertensione Portale può essere causata da ostruzione della vena stessa (per esempio, per la presenza di un trombo), da difficoltà di passaggio del sangue attraverso il fegato (per esempio, per cirrosi), o da ostacolo al deflusso del sangue dal fegato alla circolazione generale (per esempio, per trombosi delle vene sovraepatiche, per scompenso cardiaco congestizio).

GENERALITA' -- La vena porta raccoglie tutto il sangue che proviene dal tubo digerente, dalla milza, dal pancreas e dalla cistifellea, e lo trasporta al fegato, da dove poi passa alla vena cava inferiore a quindi al cuore. La maggior parte dei casi di ipertensione portale è causata da un aumento delle resistenze al deflusso di sangue dal fegato, e quindi dalla cirrosi epatica: le venule epatiche vengono compresse da parte dei noduli di rigenerazione e da parte delle cicatrici presenti nella cirrosi. Sintomi: la maggior parte delle conseguenze dell’ipertensione portale è legata alla comparsa di rami di comunicazione (anastomosi) tra la circolazione portale e la circolazione generale, che si formano per permettere il ritorno al cuore del sangue proveniente dal tubo digerente: queste vie collaterali sono costituite dalle vene dell’esofago (varici esofagee), dalle vene della parete addominale (caput medusae), dal circolo venoso emorroidario. In questo modo, infatti, le sostanze tossiche (sia endogene che esogene, come i farmaci) abitualmente inattivate dal fegato "saltano" il passaggio epatico e si ritrovano inalterati in circolo, potendo così esercitare il loro effetto nocivo a livello del sistema nervoso centrale (encefalopatia porto-sistemica). Le manifestazioni dell’ ipertensione portale comprendono l’emorragia da varici esofagee (perché le vene esofagee non sopportano sempre l’aumentato afflusso di sangue), la splenomegalia con ipersplenismo, l’ascite e l’encefalopatia porto-sistemica.

DIAGNOSI -- La diagnosi d’ipertensione portale si fa direttamente misurando la pressione venosa della vena porta tramite cateterizzazione oppure indirettamente, tramite l’ E. G.D.S. (esofagogastroduodenoscopia) che dimostra la presenza di varici esofagee oppure tramite l’ ecografia addominale con la quale si può evidenziare la presenza di ascite e/o la dilatazione della vena porta, la pervietà o trombosi, la presenza di circoli collaterali, nonché la valutazione delle dimensioni spleniche e dal calibro della vena splenica. L’ integrazione con la valutazione eco-color-Doppler fornisce dati riguardanti la flussimetria: permette di accertare la presenza o assenza di flusso nella vena porta, la sua direzione, la morfologia spettrale (normale o fasica con gli atti respiratori, appiattimento o turbolenza), permette di calcolare la velocità media, l’ indice di congestione, l’ indice di resistenza o di pulsatilità

DEFINIZIONE -- L'adenoma è un raro tumore benigno del fegato che insorge in giovani donne, conseguen­te a terapia ormonale con estro-progestinici o con androgeni contenenti steroidi.

GENERALITA' -- È gene­ralmente unico, e può raggiungere dimensioni notevoli (10-20 cm), dando segno di sé con sintomatologia dolorosa che può anche evolvere, nel 60% dei casi, in emorragia intralesionale e rottura. Istologicamente, l’ adenoma è costituito da epatociti più grandi, degli epatociti normali, contenenti glicogeno e lipidi, gli spazi portali sono assenti e le cellule di Kupffer rare.

CAUSE -- Per questo tipo di tumore benigno del fegato è importante quale fattore causale l’ assunzione cronica di estrogeni e di contraccettivi orali. Altre cause che favoriscono lo sviluppo dell’ adenoma sono la gravidanza e l’ assunzione cronica di steroidi anabolizzanti. È riportata una, seppur rara, trasformazione in tumore maligno. All'accertamento istologi­co di adenoma segue l' indicazione terapeutica dell’ exeresi chirurgica, per la possibile evoluzione, sia di tipo traumatico che neoplastico.

DIAGNOSI -- La presentazione all' ecografia di base è molto aspecifica. Spesso l’ adenoma si presenta come una lesione iperecogena. Se le dimensioni sono notevoli si possono avere aree di necrosi, emorragia e/o calcificazioni. Dopo l'iniezione di mezzo di contrasto (CEUS) si osserva un enhancement precoce omogeneo, o disomogeneo in presenza di necrosi, mentre nella fase tardiva sono descritti degli aspetti iper, ipo o isoecogeni rispetto al parenchima circostante. Se la CEUS è dubbia si prosegue l’ iter diagnostico con una RM con m.d.c. epatospecifico (Gd-BOPTA). L'assenza di diagno­si di certezza porta all' esecuzione di un prelievo bioptico e successivo esame istologico.

DEFINIZIONE -- L'angioma è un tumore costituito da camere vascolari cavernose comunicanti (occupate da san­gue e trombi), le cui pareti sono costituite da una matrice connettivale rivestita da endotelio.

GENERALITA' -- L'emangioma è, dopo le cisti biliari, una delle patologie benigne più diffuse, con una inci­denza che varia dallo 0.4 al 20% della popolazione, con prevalenza nel sesso femminile. Nella maggioranza dei casi l’ angioma è asintomatico e la scoperta della sua presenza avviene casualmente in corso di un esame ecografico di routine; in una minoranza di casi, quando è di grosse dimensioni può manifestarsi con una sintomatologia dolorosa ed in casi eccezionali con sintomi legati a complicanze quali dolore con o senza febbre per fenomeni trombotici oppure emoperitoneo per rottura spontanea o traumatica.

CAUSE -- Frequente è l'associazione con l'iperplasia nodulare focale. È descritto un accrescimento in gravidanza e durante le terapie estrogeniche.

DIAGNOSI -- All’ecografia convenzionale appare come una lesione omogeneamente iperecogena, ben definita, con margini regolari, con o senza rinforzo di parete posteriore. L'eco-color-Doppler è di scarso aiuto, per la presenza di flussi lenti nel suo contesto. La presentazione tipica nel paziente non oncologico non richiede solitamente ulteriori accerta­menti. Nel 5% dei casi l'emangioma, però, può presentare aspetto ecografìco atipico, isoecogeno o ipoecogeno, e quindi aspecifico all'esame convenzionale. Lo studio degli angiomi dopo CEUS dimostra un tipico pattern vascolare con una fase arte­riosa periferica nodulare e progressivo riempimento centripeto. Nella fase tardi­va si osserva un riempimento completo soltanto nel 40-50% dei casi, a causa della presen­za di piccoli trombi intravascolari o di fibrosi, e la lesione appare iso o iperecogena rispetto al parenchima circostante .

II riempimento vascolare dell'angioma può comunque essere, in fase arteriosa, omogeneo e senza una chiara evidenza di andamento centripeto. Gli angiomi inferiori ai 3 cm infatti pos­sono presentare, nel 16% dei casi, un rapido riempimento arterioso coinvolgente contempo­raneamente sia il centro che la periferia con persistenza della iperecogenicità nella fase tar­diva. In alcuni casi gli emangiomi dopo mdc possono non presentare enhancement e rimane­re ipoecogeni a causa di ampi fattori trombotici a carico dei vasi o di una struttura prevalen­temente fibrotica, presentando, comunque, un enhancement globulare, periferico nella sua fase arteriosa . Nella presentazione atipica o nel caso di riscontro di lesione in un paziente oncologico o con epatopatia cronica è corretto proseguire l’ iter diagnostico con la CEUS ed eventualmente, se non dirimente, con la RM.

DEFINIZIONE -- La cisti epatica è una cavità unica contenente un liquido sieroso, circondata da un epitelio simile all’ epitelio biliare; la cisti non comunica con le vie biliari intraepatiche,

GENERALITA' -- II riscontro di formazioni cistiche a livello del fegato a derivazione dai dotti biliari è molto frequente, con un’ incidenza nella popolazione che va dall' 1 al 18%. Le cisti possono essere semplici o complesse per sopravvenuti fenomeni emorragici o infettivi.

CAUSE -- Nel caso della policistosi epatorenale la causa è genetica, trasmessa da un gene autosomico dominante che associa multiple cisti renali ed epatiche. Lo sviluppo delle cisti epatiche è sempre preceduto da quello delle cisti renali e la prevalenza delle cisti epatiche aumenta con l’età del paziente.

DIAGNOSI -- All' ecografia convenzionale le cisti si presentano come delle formazioni rotondeggianti anecogene con pareti sottili e con rinforzo di parete posteriore. La loro identificazione può essere difficoltosa se sono di dimensioni inferiori al centimetro e con localizzazione subcapsulare. Se la presentazione delle cisti è tipica, basta la sola ecografia di base per la diagnosi; nei casi di cisti complicate o per eventuali cisti parassitarie viene utilizzata la CEUS. L'aspetto CEUS è quello di assenza di enhancement in tutte le fasi vascolari, comportamento diagnostico soprattutto nelle cisti con aspetto pseudo-solido all'esame convenzionale come nelle cisti di echinococco.

DEFINIZIONE -- L’ I.N.F. corrisponde ad una circoscritta alterazione del fagato, costituita dalle normali strut­ture epatiche, quali epatociti, cellule del Kupffer e dotti biliari, con polo vascolare centrale dal quale si dipartono radialmente tralci fibrosi contenenti vasi che danno il quadro tipico della vascolarizzazione a ruota di carro (scar centrale).

CAUSE -- Non è stata dimostrata una correlazione con l'assunzione di "contraccettivi orali.

GENERALITA' -- L'iperplasia nodulare focale (INF) ha un'incidenza dell' I - 3%, occupando il secondo posto, dopo l'emangioma, tra le neoplasie benigne del fegato. Asintomatlca, viene riscontrata occa­sionalmente spesso in giovani donne nella seconda-terza decade di vita, piuttosto che negli uomini.

DIAGNOSI -- Ad un esame ecografico convenzionale l' INF può presentarsi come una formazione omogenea iso, ipo o iperecogena. La scar centrale è presente nel 50% dei casi, e può essere già identificata alla base-line o al color-Doppler. Questo pattern è considerato altamente diagnostico per l'INF. La differenziazio­ne dell' INF da altre lesioni focali epatiche è di notevole rilevanza clinica, in quanto in pazienti asintomatici non vi è indicazione chirurgica. All' esame ecografico con mezzo di contrasto (CEUS) l' INF presenta una fase arteriosa caratterizzata da intenso ed omogeneo enhancement che persiste anche nella fase portale e tardiva determinando una lieve iper o isoecogenicità del nodulo rispetto al parenchima circostante. Nella fase venosa, inoltre, può essere iden­tificata la scar centrale come un'area ipoecogena rispetto al resto del nodulo. In caso di presentazione atipica si procederà con ulteriori metodiche di imaging (TC e/o RM) e/o biopsia.

DEFINIZIONE -- L'epatocarcinoma (HCC) è il tumore maligno primitivo del fegato che si sviluppa a partire dagli epatociti ed è quello più frequente. L’ altro tipo di tumore primitivo: il colangiocarcinoma si sviluppa a partire dalle cellule delle vie biliari intraepatiche. Infine un terzo tipo è definito misto perché associa un contingente epatocellulare al colangiocarcinoma.

CAUSE -- L’ HCC si sviluppa più frequentemente su una cirrosi, più raramente su un’ epatopatia cronica non cirrotica ed eccezionalmente su un fegato sano. Le principali cause di HCC sono quindi quelle della cirrosi: l’ alcolismo cronico, l’ infezione virale cronica B o C, la steatoepatite non alcolica e l’ emocromatosi.

GENERALITA' -- L'epatocarcinoma occupa il quinto posto tra le neoplasie più diffuse e nell'80% dei casi si associa ad epatopatia cronica o cirrosi. I pazienti cirrotici vengono inseriti in un programma di sorveglianza che prevede un controllo ecografico ogni 6-8 mesi. In alcuni casi, però, il paziente non è a conoscenza della sua epatopatia cronica e quindi non è sottoposto a sorveglianza periodica. Il riscontro dell'HCC, in questi casi, può esse­re occasionale.

DIAGNOSI -- All' ecografìa di base l' aspetto dell'HCC può essere variabile, prevalentemente ipoecogeno, ma può presentare anche un' ecostruttura iso o iperecogena. La morfologia può essere infiltrante o capsulata con vallo ipoecogeno periferico. In lesioni di dimensioni maggiori di 5 cm l' aspetto di base può essere disomogeneo per fenomeni necrotici ed emorragici. L ‘ ecografia con mezzo di contrasto (CEUS) mostra l'albero vascolare neoplastico e la sua micro e macrovascolarizzazione, già evidente a circa 15-20 secondi dall'iniezione. Nella fase tardiva, l’ HCC può presentare un aspetto ipoecogeno . Nei casi dubbi si prosegue l’ iter diagnostico con le altre tecniche di imaging (TC e/o RM) o con la biopsia ecoguidata e successivo esame istologico.

DEFINIZIONE -- Le metastasi epatiche sono le lesioni maligne più frequentemente diagnosticate e posso­no rappresentare un riscontro occasionale in assenza di primitivo noto.

CAUSE -- Nel caso di metastasi epatiche da carcinomi, la maggior parte dei casi il tumore primitivo ha sede nel tubo digerente, nel pancreas, nei bronchi o alla mammella; più raramente la sede può essere la prostata, il rene, l’ ovaio od il testicolo oppure la tiroide. In casi più rari si possono avere metastasi epatiche da tumori endocrini come i carcinoidi, gli insulinomi, i gastronomi, i glucagonomi ed i lipomi.

GENERALITA' -- Al contrario dell’ epatocarcinoma che insorge frequentemente su un fegato cirrotico, nel caso di metastasi epatiche molto spesso non ci sono segni d’insufficienza epatica o d’ ipertensione portale e quasi sempre la presenza di un’ epatomegalia nodulare senza tali segni porta sempre a sospettare la diagnosi clinica di metastasi epatiche.

DIAGNOSI -- L’ ecografia epatica di base è l’ esame di partenza per la diagnosi. Ad essa segue l’ ecografia con mezzo di contrasto (CEUS), nella quale il com­portamento delle lesioni secondarie nella fase arteriosa può essere variabile a seconda del tipo istologico primitivo. Infatti, possiamo avere una fase arteriosa precoce ipervascolare quindi iperecogena, ed un wash-out centrifugo arterioso tardivo e portale rap­presentato da una ipoecogenicità e permanenza di rim iperecogeno periferico. La fase più tardiva è comunque sempre intensamente ipoecogena. In assenza di un tumore pri­mitivo noto, il riscontro occasionale di lesione con comportamento sospetto, per secondarismo deve indurre alla ricerca del primitivo con ulteriori indagini diagnostico-strumentali (TC e/o RM), marker tumorali bioumorali e, se non ancora dirimenti, eventuale biopsia

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