DEFINIZIONE -- Il morbo di Crohn (MC) è una malattie cronica infiammatoria dell' intestino potendo interessare qualsiasi parte del tubo gastroenterico dalla bocca all' ano. L’infiammazione coinvolge tutta la parete del tratto interessato e spesso si estende al vicino mesentere e ai linfonodi. Molto frequentemente interessa il tratto terminale dell'ileo ed il colon. Spesso si associa a disturbi auto-immunitari a livello sistemico, come ulcere del cavo orale ed artriti reumatiche.
CAUSE -- Ancora non è possibile una esatta definizione eziologica della malattia.
Il ruolo dei fattori genetici è suggerito dalla maggiore frequenza della malattia in alcune popolazioni e in individui con particolare aplotipo HLA.
Un'alterata risposta immunitaria ritenuta importante nella patogenesi, si basa su alcune osservazioni:
- nella sede del processo infiammatorio sono presenti numerosi linfociti, plasmacellule e mastociti.
- il morbo di Crohn spesso si associa con altre condizioni morbose in cui è evidente un disordine immunologico.
- le numerose localizzazioni extraintestinali indicano che il morbo di Crohn è una malattia sistemica.
- il miglioramento clinico spesso si ottiene con farmaci che sopprimono o modificano il sistema immunitario.
Il fumo è il fattore di rischio ambientale più ampiamente riconosciuto, dato che aumenta il rischio di contrarre la malattia da 2 a 5 volte.
GENERALITA' -- Questa malattia venne descritta per la prima volta dal dottor Burril Bernard Crohn che tenne una conferenza a New Orleans descrivendo un caso in cui tale malattia era localizzata nella parte finale dell'ileo, per cui venne chiamata anche ileite terminale. Successivamente si capì che la localizzazione ileale è preponderante, ma non esclusiva, per cui la malattia venne chiamata M. di Crohn in onore del suo scopritore.
La prevalenza varia da 10 a 70 casi/100.000 abitanti. La malattia è più comune nei paesi industrializzati e nelle aree urbane. È più frequente nei bianchi europei; alcuni gruppi etnici hanno tassi di incidenza significativamente più alti della media. E’ stata ipotizzata una predisposizione genetica per la tendenza della malattia a colpire diversi componenti della stessa famiglia. La malattia si riscontra soprattutto nelle persone comprese tra i 30 e i 50 anni di sesso femminile.
Qualsiasi tratto dell’intestino può essere coinvolto; in oltre il 60% dei casi la malattia interessa comunque il colon e l’ileo terminale, solo l’ileo nel 30%, solo il colon nel 20%; la localizzazione anale è rara. Le pareti dell’intestino sono ispessite e così pure il mesentere adiacente. Il lume intestinale è ristretto; la mucosa nelle fasi avanzate presenta ulcerazioni lineari disposte lungo l’asse longitudinale del lume intestinale. La delimitazione tra un tratto malato e uno sano è netta.
SINTOMATOLOGIA -- I sintomi tipici sono: dolori crampiformi ai quadranti addominali inferiori, diarrea, febbricola e calo ponderale. Quando la malattia interessa l’ileo la diarrea è di moderata gravità; se interessa il colon l’incontinenza fecale, il tenesmo e le rettorragie sono piuttosto frequenti. Il dolore tende ad essere costante, spesso accentuato dalla peristalsi intestinale. Compaiono talvolta episodi di occlusione o subocclusione intestinale. La febbre compare nella metà dei casi, ma raramente supera i 38°; la perdita di peso si realizza in un terzo dei casi. Può realizzarsi anemia per stillicidio cronico intestinale.
Il deficit nutrizionale, dovuto al ridotto apporto dietetico per anoressia e autorestrizione, determina steatorrea, anemia microcitica o megaloblastica, ipoprotidemia, edema, demineralizzazione ossea, ipokaliemia e disidratazione.
Le manifestazioni extraintestinali sono rappresentate dall' artrite, che rappresenta la complicanza più frequente, solitamente migrante e interessa singolarmente le grandi articolazioni; l’eritema nodoso (noduli rossastri e dolenti sulla superficie anteriore delle gambe) e il pioderma gangrenoso (profonde ulcere non infette che compaiono sulle gambe o sull'addome) rappresentano le manifestazioni cutanee più frequenti; l’irite e l’ episclerite rappresentano le più comuni manifestazioni oculari.
COMPLICANZE -- Quando interessa il piccolo intestino, l’occlusione è la complicanza più frequente. MC interessa l’intero spessore e si possono facilmente formare fistole, che possono rappresentare a loro volta un’ulteriore complicanza in base alla sede: perianali e perirettali sono estremamente frequenti e possono costituire l’elemento clinico preponderante.
Le perforazioni libere della cavità addominale, rare, ma da sospettare in caso di reazione peritoneale, causano peritonite generalizzata.
Le raccolte ascessuali, determinate da perforazioni endoperitoneali, sono più spesso localizzate nello scavo pelvico o posteriormente, lungo il decorso dello psoas, possono determinare complicanze urologiche, come l’ostruzione.
Una franca rettorragia può rappresentare il sintomo d’esordio della malattia.
Il carcinoma intestinale si verifica nel 3 – 4% dei pazienti.
DIAGNOSI -- Devono essere escluse tutte le altre cause di infiammazione intestinale. La diagnosi corretta viene posta sulla base delle manifestazioni cliniche e del loro decorso, insieme alla conferma dei reperti laboratoristici, radiologici, endoscopici ed istologici.
Gli esami di laboratorio sono aspecifici, ma utili per valutare l’attività del processo infiammatorio e l’eventuale coinvolgimento di altri organi.
Gli esami radiologici definiscono la localizzazione anatomica della malattia; l’Rx diretta dell’addome può evidenziare anse intestinali dilatate, segno di subocclusione e parete intestinale con impronta a pollice, segno di infiltrazione ed edema intramurale. Il clisma a doppio contrasto dimostra stenosi, fistole, profonde ulcerazioni lineari alternate a zone normali (acciottolato).
L’ecografia può rilevare un ispessimento della parete intestinale, una stenosi, fistole ed ascessi.
L’endoscopia è utilizzata per la diagnosi e per valutare eventuali recidive.
La biopsia intestinale è un completamento dell’indagine endoscopica: si possono escludere altre malattie granulomatose e può essere documentata l’assenza di necrosi caseiforme.
La diagnosi differenziale è praticamente la stessa della rettocolite ulcerosa.